Sunday, April 24, 2016

La grande storia del surf tra sesso, magia e cultura Hawaiiana

                                              "Fuori dall'acqua io non sono nulla."
                                                         (Duke Kahanamoku)

Quella del surf è una storia che nasce con la congiunzione dell'uomo ai suoi istinti naturali, dal sesso ad un'unione quasi Divina con l'oceano: una capacità di collegarci alla semplicità del nostro essere che nel tempo è stata tradotta in una storia di libertà e divieti, nella vita di una cultura, quella Hawaiiana, dimenticata e solo in parte riscoperta, ma che oggi ci ha lasciato in eredità uno degli sport più popolari del mondo.

Origine e significato del surf
L'arte (perché di arte si tratta) di cavalcare le onde si è probabilmente sviluppata in Polinesia molti secoli fa, quando l'Europa nemmeno conosceva l'Oceano Pacifico, e viceversa. Di preciso, non è chiaro se la patria del surf siano le Isole Samoa, le Tonga o la Polinesia Francese, o forse perfino le isole Indonesiane. Di sicuro, gli indigeni che dalla Polinesia raggiunsero le Hawaii furono i fondatori del surf vero e proprio, quello che assunse un'aura di sacralità quasi fosse una religione e che tanto stupì -ed indignò- gli europei guidati da James Cook che approdarono alle Hawaii nel 1778.

Illustrazione degli indigeni di Hawaii (Fonte)
Esistevano templi. divinità e gare dedicate al surf, noto allora come he'e nalu. Esistevano spiagge riservate a seconda del rango dell'individuo, dove ovviamente i capi-villaggio godevano delle migliori onde e delle più lunghe tavole (una, chiamata olo, raggiungeva i 5 metri e i 70 kg di peso), e soprattutto esisteva un senso di libertà che si esprimeva, come in tutto il Pacifico, attraverso la nudità e il sesso. 

Esisterono anche, dalla fine del diciottesimo secolo, malattie importate dai navigatori che falciarono la popolazione indigena Hawaiiana, la quale si portò in tomba la sua cultura, e naturalmente missionari che condannarono queste pratiche, dal loro punto di vista diaboliche.

La fine dell'originale mondo del surf coincide con questi sconvolgimenti, e il colpo di grazia, almeno in apparenza, fu rappresentato dall'annessione del Regno delle Hawaii agli Stati Uniti nel 1898.

La rinascita del surf
Eppure la globalizzazione e l'avvicinamento relativo delle Hawaii al resto del mondo avrebbe permesso, proprio dopo la perdita dell'autonomia politica di queste isole, una rinascita del surf, che nel giro di pochi decenni avrebbe recuperato popolarità in patria, si sarebbe fatto conoscere in tutto il mondo e, in parte, avrebbe riacquistato il suo antico collegamento spirituale con la libertà e la natura.

 Duke Kahanamoku e la sua tavola (Fonte) 
Dall'inizio del '900 la fondazione di alcuni circoli di surf, tra cui l'Hai Nulu e l'Outrigger Canoe Club, riunì migliaia di seguaci in gare amatoriali a Waikiki, la più famosa spiaggia delle Hawaii.

Tra i promotori ci fu Duke Kahanamoku, nativo Hawaiiano e pluri-campione olimpico di nuoto.
Duke promosse il surf con le sue esibizioni in vari luoghi, tra cui Australia e California. A proposito del suo viaggio in Australia disse che "la gente aveva iniziato a costruire le sue prime tavole ancora prima che il mio viaggio lì finisse". In California, invece, salvò in un'occasione ben 8 pescatori che rischiavano di annegare, più di quanti qualsiasi altro bagnino sarebbe riuscito a fare senza la tavola da surf ad accompagnarlo, aumentando così la fama dello sport.

Oltre a Duke, altri grandi surfisti che hanno contribuito a far conoscere lo sport sono per esempio John Ball, che con le sue fotografie documentò la nascente cultura del surf in California, Rabbit Kekai e Woody Brown, peraltro inventore anche del moderno catamarano.

Nel 1954 si tenne così la prima gara internazionale ufficiale di surf, e da lì la popolarità continuò la sua ascesa, coinvolgendo sempre più haole (hawaiiano per stranieri).

Costa ovest di Oahu, Hawaii (Fonte)
Oggi, presso la costa ovest di Oahu, specialmente nelle località di Makaha e Waianae, sopravvivono le ultime vere comunità di Hawaiiani "puri" del mondo: nel bene e nel male, questi territori ricordano molto le riserve indiane dell'entroterra degli States, con alti tassi di disoccupazione e alcolismo, frutto della difficile integrazione degli indigeni alla società moderna. Eppure, se la cultura Hawaiiana pura è quasi scomparsa, il surf, che nacque lungo queste splendide coste, è invece ormai diffuso ovunque ci sia un'onda da cavalcare, secondo lo spirito originale dell'Aloha, che oltre ad un saluto corrisponde anche a "condividere l'energia vitale", nel caso del surf quella dell'oceano.

Anche l'originale componente del sesso non perse del tutto, nel corso di questi alti e bassi, la sua importanza: ad esempio, i beach boys che insegnavano a surfare negli anni '50 a Waikiki erano noti per sedurre spesso le turiste, facendo l'amore con loro sopra le tavole appena oltre la line-up, il tratto di mare vicino alla costa dove le onde iniziano a formarsi e a crescere.

A tal proposito esiste perfino, secondo Cosmopolitan, una posizione detta "del surfista"...

Bethany Hamilton


Il surf può inoltre rappresentare un'occasione di riscatto e di rivincita: questo non vale solo per chi, nato disagiato nelle zone più povere di alcune città costiere, è riuscito a fare carriera in questo sport, ma anche per grandi esempi di determinazione come Bethany Hamilton.

Questa giovane ragazza ha perso a 13 anni il braccio sinistro a causa dell'attacco di uno squalo tigre, ma appena tre settimane dopo stava surfando di nuovo, nonostante la difficoltà di mantenere l'equilibrio senza un braccio: oggi ha coronato il sogno di essere una surfista professionista.

Dai take-off (i punti di partenza) di tutti gli oceani, ormai il surf sembra avere quindi sconfitto per sempre le voci di chi voleva negare questa fonte di libertà e di vita, donandoci quindi, oltre a tavole sempre più efficienti (tra cui anche quelle anti-squalo), spettacoli come questo, per chi ha la voglia di esserne il protagonista:



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