Saturday, August 16, 2014

Viaggio tra le comunità Polinesiane della Nuova Zelanda - Episodio 2: I pesci fuor d'acqua in prima fila

Dopo aver parlato delle comunità espatriate di Tuvalu, Tokelau e Kiribati, il cui articolo è leggibile QUI, ora vedremo le storie dei migranti delle altre isole della Polinesia, in particolare Samoa, Tonga, e Niue.

                      Niue, alla ricerca delle opportunità 
Niue è una minuscola isola del Pacifico centro-meridionale, che dalla Nuova Zelanda dista quasi 3000 chilometri. Come in tante altre piccole isole del Pacifico, anche qui la popolazione sta diminuendo: 5000 abitanti negli anni '60, oggi Niue ne ospita circa 1400: ma all'estero, 24 000 Neozelandesi o Australiani possono vantare origine Niueana, e la tendenza a trasferirsi al di fuori della propria isoletta, a meno che Niue non incominci a offrire posti di lavoro nel turismo, non può che continuare.

Vedendo Niue, comunque un paradiso tropicale unico nel suo genere, l'origine di queste tendenze è ovvia: in poche decine di minuti di macchina si può compiere un intero giro dell'isola, costeggiando una spiaggia rocciosa dove è difficile che i resort prendano piede (una fortuna?) e attraversando villaggi dove il collante che tiene unita la comunità è rappresentato dalla chiesa e gli unici mestieri possibili sono il pescatore, il prete, l'insegnante, il medico di base o l'impiegato di un minuscolo ufficio dell'altrettanto minuscolo governo.
Per chiunque voglia qualcosa di diverso, le strade sono due: accettare lo status quo e rimanere sull'isola, o prendere il primo volo per la terra delle opportunità, la Nuova Zelanda.

Ma la terra delle opportunità, che prima per gli immigrati rappresentava una casa di cioccolato per aspiranti Hansel & Gretel, un miraggio per chi viaggia nel deserto, un mondo in perenne età dell'oro dove le opportunità crescono sugli alberi, rivela anche il suo lato più inaspettato e oscuro.
Perchè in Nuova Zelanda le opportunità crescono sì sugli alberi, ma su alberi alti, che i Niueani non sono ancora abbastanza alti per raggiungere: con poco denaro e pochi titoli di studio, lo sbocco manuale sottopagato è spesso l'unica soluzione.
E la Nuova Zelanda è sì ricca anche di sbocchi manuali pur sempre introvabili a Niue, ma dista 3000 chilometri da Casa. Da quell'isola che, nonostante la sua piccolezza e la sua limitatezza, rappresenta sempre Casa.
A Casa la gente inizia a pensare che chi va in Nuova Zelanda voglia dimostrare di avere o di meritare qualcosa in più degli altri: per una società egalitaria come quella Polinesiana, è un affronto, no?

Miss NIUE
Le 4 finaliste del concorso
"Miss Niue Aotearoa" 2012
(Aotearoa = Nuova Zelanda in lingua Maori)
A Casa, inoltre, rimangono i tuoi genitori, ai quali, da buon Polinesiano, sarai sempre molto attaccato, perchè ti hanno insegnato, in quell'isola, che la famiglia è tutto.

Un tipico esempio delle difficoltà culturali a cui va incontro la comunità Niueana, soprattutto quella di seconda generazione, è la perdita della lingua, man mano che gli anni passano e i figli dei primi immigrati crescono lontani dall'isola: ne dà una prospettiva il Reverendo Falkland Liuvaie, che lavora a Wellington, capitale della Nuova Zelanda, dirigendo una parrocchia presbiteriana.

" I Niueani vedono la Nuova Zelanda come una terra piena di opportunità. [...] Per i primi anni ho pronunciato i miei sermoni sia in Niueano che in Inglese, e per molti immigrati era l'unica opportunità di ascoltare la loro lingua qui, in Nuova Zelanda. Poi ho scoperto che molte persone avevano problemi a comprendere ciò che dicevo."

Il recupero e la conservazione della lingua sono diventati un tema di crescente interesse all'interno della comunità, soprattutto grazie a stimoli interni provenienti dai Niueani più giovani, che magari erano nati da immigrati e non avevano mai visto la loro isola: come mai i loro genitori non si erano preoccupati di mantenere l'identità isolana?

niue school
Insegnamento della lingua Niueana
in una scuola a Mangere, Auckland

Liuvaie ricorda anche le tradizioni orali sulla cultura della piccola isola del Pacifico.

"Ricordo che quando ero un ragazzino (in Nuova Zelanda, ndt) entravo alle 5 di mattina nella camera di mio nonno, prima di andare a lavorare, per ascoltarlo mentre mi raccontava le sue storie riguardanti la pesca e il lavoro nella boscaglia."

La non facile vita dei Niueani, nel paese dei Kiwis, è segnata dai doppi legami: con la propria cultura ancestrale Niueana, che si riassume, tra le altre cose, negli stretti rapporti familiari e nell'assidua frequentazione della chiesa (come tutti i Polinesiani, anche gli abitanti di Niue sono in larga maggioranza religiosi); e con la cultura moderna neozelandese, dove chiesa, famiglia, lingua di Niue e astinenza dall'alcool non sono di certo valori condivisi da tutti. L'impossibilità di trovare una vera conciliazione tra due mondi agli antipodi rende ancora i Niueani dei pesci fuor d'acqua alla ricerca di un loro ideale oceano.
                       
              I Tongani: chiesa, immigrazione illegale e Jonah Lomu
L'atlante ci chiederà di spostarci solo di poche centinaia di km a ovest da Niue per incontrare un altro arcipelago Polinesiano, dalle caratteristiche in parte simili e in parte diverse, che ha donato alla Nuova Zelanda quasi 60 000 immigrati, uno dei migliori giocatori di sempre degli All Blacks e anche qualche grattacapo: Tonga.

Anche i Tongani abitano in larga maggioranza ad Auckland, ed anche loro, per "mettere il pasto in tavola" sono costretti a dedicarsi ad attività manuali, quando possibile. Tra la comunità di immigrati delle Tonga, quasi il 40 % è disoccupato, e, secondo le statistiche legate al censimento 2006, il Tongano medio guadagna circa il 35 % in meno del Neozelandese medio.

Ciononostante, la comunità di emigrati contribuisce all'economia delle Isole Tonga più delle attività agricole e più addirittura dal turismo: le rimesse che i Tongani "d'oltremare" versano nei conti dei propri parenti rimasti a Tonga ammontano, complessivamente, a quasi 100 milioni di dollari neozelandesi ogni anno. Con una semplice divisione, scopriamo che quindi ogni emigrato invia (in media) circa 1600 dollari all'anno ai propri parenti.

Le cause della migrazione che ha portato 60 000 Tongani in Nuova Zelanda non sembrano chiare quanto quelle di Niue: Tongatapu, l'isola principale delle Tonga, è ben più grande di Niue, offre molti più posti, soprattutto nel turismo, e i Tongani sono storicamente uno dei popoli più fieri e indipendenti del Pacifico.
Ma le sirene della terra delle opportunità arrivano anche qui, nell'ultima monarchia del Pacifico, e l'emigrazione viene intensificata dalla mancanza di democrazia, dalla ricorrenza di fenomeni atmosferici come i cicloni tropicali e dalla presenza, in Nuova Zelanda, di una comunità Tongana ormai abituata ad accogliere e inserire nuovi emigrati. Motivi, questi ultimi due, che valevano comunque anche per Niue. Comunque, è bene tener presente che se c'è un paese i cui immigrati faticano a integrarsi, soprattutto se non circondati dai loro compatrioti, questo è proprio Tonga.

Wesleyan church
Chiesa Wesleyana per la comunità di Tonga, Auckland
La comunità Tongana in Nuova Zelanda è anch'essa coesa attorno alla chiesa, di confessione generalmente metodista o Wesleyana ed è radicata nei valori tradizionali come l'ofa, che in Tongano significa "aiuto" o "condivisione", ma non per questo risulta priva delle contraddizioni già viste tra i Niueani: occupati nella vita frenetica del mondo moderno, i genitori trascurano spesso -e a volte maltrattano- i figli, peccato mortale per una cultura di stampo pur sempre Polinesiano: quello che accade, in genere, è che i giovani, cresciuti sapendo di non essere veri neozelandesi, non possono nemmeno essere veri tongani: e tra di loro, altri pesci fuor d'acqua, c'è chi si butta sull'alcool e chi viene spedito a Tonga dai genitori per conoscere i nonni, e con loro la vera cultura tradizionale, quella che include il concetto di famiglia allargata, il severissimo rispetto degli anziani, il duro lavoro e molto altro: si chiama anga fakatonga, il "comportamento del buon Tongano".

Finau, giovane Tongano nato in Nuova Zelanda e spedito dai nonni, testimonia che "ho finalmente, imparato da quando eravamo nell'orto, che da tutto il duro lavoro si può ottenere qualcosa: applicherò il duro lavoro a scuola per restare promosso". In effetti, tra i problemi che le comunità Tongane devono affrontare, ci sono spesso e volentieri anche quelli scolastici.

Jonah Lomu
Jonah Lomu con la maglia degli All Blacks
Se c'è invece un ambito dove gli immigrati sembrano eccellere, quello è lo sport: ed uno di loro, il rugbista Jonah Lomu (anch'egli sofferse maltrattamenti, da bambino) è diventato, con il suo fisico imponente, un simbolo degli All Blacks tra gli anni '90 e i primi anni 2000, prima di venire bloccato da una malattia che pregiudicò gli anni finali della sua straordinaria carriera. Accanto a Jonah Lomu vi sono molti altri nomi: uno, recente, è quello di Taniela Tupou, 18enne noto come "il Thor delle Tonga", di ruolo ala, che non è però tesserabile dalle tantissime società neozelandesi che lo hanno richiesto a causa di problemi con il passaporto. Un problema che spesso i Tongani non si fanno i problemi ad aggirare: oggi si stima che, in Nuova Zelanda, ci siano almeno 3000 immigrati illegali originari delle Tonga, nascosti dalle famiglie o semplicemente già scoperti e in attesa di essere "invitati a rimpatriare".
Il rischio dell'arresto o dello sfratto fa parte del duro gioco della vita dei migranti, affascinati e catturati dal sogno di una vita migliore ma che spesso, in un mondo così diverso, non si rivela essere tale.

         
                         Samoa, un'invasione di rugbisti
Probabilmente se parlate ad un Neozelandese degli immigrati Polinesiani, la prima nazione di provenienza che gli verrà in mente sono le Isole Samoa. I Samoani o i loro discendenti in NZ sono infatti almeno 150 000, cioè quasi il 3.5 % di tutta la popolazione e la loro presenza non si fa sentire solo nelle statistiche, quanto anche nella vita di tutti i giorni: dopo l'inglese, il samoano è la lingua più parlata ad Auckland, più ancora del Maori. Questo sicuramente è aiutato dalla vivacità della gente di origine Samoana, che in maggioranza, soprattutto tra i giovani, continua a mantenere vivo l'uso della propria lingua.

Ritrovo di Polinesiani di fronte a una
Chiesa Protestante per immigrati. Auckland, anni '60.
La lingua non è però l'unico fattore di profondo orgoglio per le comunità Samoane emigrate, che anche all'estero mantengono vivo il loro attaccamento a valori come il fa'aaloalo (rispetto), onorano l'aiga (la famiglia allargata, già vista per molte altre genti della Polinesia), rimangono coese attorno alle loro chiese (lotu), continuano l'arte del tatuaggio e tutto ciò che, senza sconti o sfumature, valeva anche per gli altri emigrati.

Questo non significa tuttavia che le comunità Samoane siano immuni alle problematiche che abbiamo già visto, e che non ripeteremo, negli altri emigrati. Leggiamo ad esempio una piccola poesia sull'identità dei Samoani emigrati.

                                Sono un Samoano, ma non un Samoano,
                            per la mia famiglia in Samoa io sono un palagi*.
                           Sono un Neozelandese, ma non un Neozelandese,
         per i Neozelandesi, sono nel peggiore dei casi una sanguinaria noce di cocco,
                           nel migliore dei casi un abitante delle Isole del Pacifico.
                              Per i miei genitori a Samoa, sono il loro figlio.

                             (Traduzione del testo di un emigrato Samoano)

Anche i Samoani, soprattutto se di seconda generazione, faticano quindi a trovare una loro patria, rimanendo spesso dei pesci fuor d'acqua: questo non significa non avere una cultura, ma, addirittura, averne due, egualmente forti quanto diverse.

Maglia in vendita ad un festival Polinesiano
Tradotto: "Ci sono solo 2 tipi di persone in questo mondo:
i Samoani, e quelli che vorrebbero esserlo."
 I Samoani eccellono soprattutto nel rugby: gli All Blacks Neozelandesi contano decine di giocatori di discendenza Samoana: per chi è appassionato, potrebbero risultare familiari i nomi di Olo Brown, Bryan Williams, Va‘aiga Tuigamala, Tana Umaga, Michael Jones e Frank Bunce.
Anche nel basket e nel cricket la presenza Samoana si fa abbastanza sentire: facendo un paragone, si può dire che i Polinesiani in Nuova Zelanda, e i Samoani soprattutto quindi, sono come gli abitanti di colore negli Stati Uniti: anche se una minoranza, nello sport sono una delle colonne portanti.

Prossimo articolo: 

Episodio 4: Pasifika, Polyfest e altri festival: l'identità di un mondo che non vuole morire

LINK al primo articolo (Introduzione)

LINK al secondo articolo (Tuvalu, Tokelau e Kiribati)

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